IL D.L. 87/18, che è stato trasformato in legge dello stato può essere suddiviso in 3 macro-settori, che vengono modificati, e in alcuni casi stravolti dalla nuova legge.
Modifiche apportate ai contratti di lavoro a termine.
Significativa la stretta nell’utilizzo del contratto a tempo determinato. Ciò per l’effetto dell’operare di due specifiche novità:
- la riduzione della durata del contratto senza causale, utilizzabile solo per un periodo massimo di 12 mesi;
- il contestuale ritorno alle causali laddove il contatto superi (sin dall’inizio o per via delle proroghe), i 12 mesi predetti, ma con una limitazione importante che impone ai nuovi contratti a termine, una durata non superiore ai 24 mesi, a differenza dei 36 mesi previsti dalla precedente disciplina.
Fortunatamente, in sede di conversione si è colmata una grave lacuna che il Decreto Dignità nella sua versione originale aveva evidenziato: la mancanza di una disciplina transitoria.
La nuova normativa, infatti, è applicabile ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati successivamente al 14 luglio 2018 e alle proroghe e ai rinnovi successivi al 31 ottobre 2018. E’ rimasto immutato l’obbligo di consegnare al lavoratore una copia del contratto di assunzione con un anticipo di cinque giorni lavorativi dall’inizio della prestazione (art. 19, c. 4 D.Lgs. n. 81/2015).
Inasprimento delle sanzioni per le aziende che delocalizzano.
Con questo provvedimento si mira a far in modo che le aziende, soprattutto estere, si servano di stabilimenti in Italia, per il solo scopo di ottenere agevolazioni fiscali e contributive, per ridurre i costi di gestione, ed una volta esaurite le possibilità di sgravio, spostare la produzione in altri Stati con leggi fiscali e contributive più morbide, provocando ovviamente la perdita del lavoro di molti dipendenti.
Tale situazione viene ostacolata con il nuovo decreto, che prevede sanzioni per le imprese italiane ed estere operanti nel territorio nazionale che beneficiano di aiuti di Stato che prevedano la valutazione dell’impatto occupazionale qualora, riducano i livelli occupazionali degli addetti all’unità produttiva o all’attività interessata, decadano dal beneficio.
In particolare, la decadenza, che comporta la revoca, totale o parziale, dei benefici concessi, è disposta qualora, ad esclusione dei casi riconducibili a giustificato motivo oggettivo , le imprese richiamate riducano i livelli occupazionali degli addetti all’unità produttiva o all’attività interessata dal beneficio nei 5 anni successivi alla data di completamento dell’investimento, rispettivamente:
- in misura superiore al 50% nel qual caso la revoca è totale
- in misura superiore al 10% nel qual caso il beneficio viene ridotto in misura proporzionale alla riduzione del livello occupazionale.
Modifiche all’indennizzo nell’ipotesi di licenziamento:
L’entrata in vigore del decreto legge dignità ha elevato dallo scorso 14 Luglio 2018 i limiti minimi e massimi dell’indennità a sei e a trentasei mensilità, a differenza della previgente disciplina che stabiliva in quattro mensilità come limite minimo e ventiquattro come limite massimo. Questa previsione ha l’obiettivo di rendere più oneroso il licenziamento illegittimo per di datori di lavoro. Per i datori i quali non superino il requisito dimensionale di 15 dipendenti la misura dell’indennità viene portata a tre e a sei mensilità.